giuliano

giovedì 5 febbraio 2015

DOPO COSA RIMARRA'? (2)


















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Dopo cosa rimarrà?

Prosegue in:

L'inizio di una nuova fine:

Nulla che possa essere narrato come la storia del vero Creato














…. Un giorno quando mi accingevo ad accamparmi sopra un lastrone galleggiante, poco dopo la mezzanotte, rivolsi per caso gli occhi verso il sole, e lontano, sperduti in mezzo a quel mare di ghiacci mobili, scorsi a un tratto (ciò che mi pareva o appariva…) gli alberi di una nave. Una nave fantasma, o una nave vera: per me era lo stesso; credo che la prima idea che mi venne in mente fu che difficilmente poteva trattarsi di una nave vera; ma davanti ad uno spettacolo così impensato il mio cuore si mise a battere, come se stessi per morire; debolmente tentando di agitare la pagaia di canna sulla mia testa, caddi in ginocchio, e un attimo dopo crollai nella canoa……






… E per quanto fossi stanco, feci subito tutto quel che potevo per avvicinarmi alla nave; dopo nemmeno quattro ore di fatiche, attraverso quel miscuglio di acqua e ghiaccio, dall’alto di un lastrone galleggiante scorsi, con incredibile gioia, che la nave in questione era (o forse mi sembrava..) la Continent… Sembrava così strano trovarla in quei paraggi! La nave era completamente immobile, sotto il sole del mattino, simile a un freddo spirito luminoso, simile ad una costruzione di millenaria memoria, simile ad una piramide antica, che accendeva di punti accecanti quell’oceano di ghiaccio alla Deriva, e tutto appariva soffuso di una tinta quasi rosea, che faceva pensare ad una sposa morta improvvisamente sommersa da un mare di ghiaccio ed acqua sommersa da un vestito bianco….






… Cominciai di nuovo a fare segni con la pagaia ed a urlare verso la Continent, quando infine riuscii a distinguere qualcuno a quella che poteva sembrare una prora, mi misi a gridare ancora più forte. Non mi sembrò che si muovesse: rimaneva lì, immobile e chino sul bordo, a guardarmi (mi sembrava scorgere anche delle strane antenne, rami elevati nella direzione del cielo…), ancora mezzo miglio, poi una cinquantina di metri, ma sulla nave, per quanto ormai dovessero avermi sentito, avermi visto,  non si scorgeva movimento alcuno, nessuno mi dava il benvenuto: tutto, tutto rimaneva immobile come la morte, in quel calmo mattino artico, mio Dio che scenario! Eppure, mentre gridavo e piagnucolavo, una folle e sola certezza si affermava in me: perché dalla nave mi era arrivata un’ondata di profumo come di peschi… tutti sulla Continent… erano morti….






… Così rimasi a lungo; infine risollevai la testa e rividi il bastimento desolato, alla Deriva: silenzioso, tragico, mi appariva, come se fosse colpevole di quell’oscuro carico di fatalità che portava a bordo (la morte…); rividi lo sguardo della Morte che regna sovrana nell’immobilità della nave ora così sacra; e fino a sera rimasi a guardare la massa aggrovigliata di quello che sembrava lo scafo; erano morti, sembrava, all’improvviso, e dappertutto, sugli uomini, sui ponti, sui rotoli di corde, nella cabina, nella sala delle macchine, tra i battenti dei boccaporti, su ogni scaffale, in ogni angolo, si estendeva uno strato di cenere o polvere, sottile, impalpabile, purpurea; e su tutta la nave, come lo spirito stesso della morte, regnava tranquillamente quel profumo (di una adolescente) di peschi…..  






… Lo strato di polvere, sottile ed esposto all’azione dei venti sopra coperta, si presentava nell’interno della nave sotto l’aspetto di una coltre spessa; dopo un giro di esplorazione (nel quale mi dovetti anche immergere fino nei fondali più scuri per cercare di scorgere quanto  impossibilitato scorgere in superficie…), la prima cosa che feci fu di esaminare attentamente quella sostanza, anche se non avevo, mangiato nulla in tutta la giornata, ed ero stanco da morire… Trovai il mio microscopio e quando mi sedetti per vedere se riuscivo a capire qualcosa di quella polvere, avvertii come se le miriadi di tutti gli uomini che sono vissuti sulla Terra, e gli angeli e i Demoni, e il Tempo e l’Eternità, mi stessero tutti intorno, il Bene che mi circonda contro il Male (di questa polvere) che lascia la sua traccia…. per un possibile verdetto…






Naturalmente sapevo che quell’odore di fiori di pesco, dall’effetto letale, poteva soltanto avere a che fare con un affluvio di cianogeno, o di acido cianidrico, o di acido cianidrico ‘prussico’, o di tutt’e due: perciò, quando infine mi riuscì di esaminare la polvere al microscopio, non mi stupii di trovare, mescolati alla massa di cenere, certi cristalli gialli che non potevano essere altro che ferrocianuro di potassio. Come era andato a finire quel veleno a bordo della Continent? Non lo sapevo, né avevo i mezzi, né la forza di volontà, per risolvere in quel momento un simile problema; capivo soltanto che in qualche modo l’aria della zona doveva essere avvelenata da quel gas….; in seguito questo gas, che è molto solubile, si era completamente sciolto nel mare, oppure si era perso nell’atmosfera, lasciando quel debole profumo; e una volta capito ciò, non ebbi più la forza di reggere la testa in alto, mi lasciai cadere sul tavolo, e così rimasi a lungo come ubriaco, con lo sguardo fisso nel vuoto, come un pazzo…..”


(M. P. Shiel, La nube purpurea)    
















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