giuliano

giovedì 10 dicembre 2015

CARL SAGAN (& l'infinito inverno nucleare) (6)








































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Carl Sagan (5)














...Quantistica, alla simmetria, all’antimateria, alla fisica delle particelle elementari e all’aritmetica transfinita…
(Carl Sagan, il mondo infestato dai demoni; con interventi ed asterischi del curatore… del blog…)


                           …Lo Straniero…


 …Volto non aveva quel grande ed immenso pianeta…

Come un Libro Grande tomo senza titolo di giacenza nello scaffale della storia: biblioteca di oscura memoria.
 Ed anche mai si era udita la sua strana lingua.
Una fitta nebbia è il ricordo della storia purgata dell’immonda Eresia. Forse perché convinta del sole che dopo illumina l’intera vallata essere la sola via, e con essa la vita. Certo è, io che ho scrutato e letto ogni libro, io che ho adorato ogni profumo antico di un prato, di un fiore, un albero appena fiorito mentre la sua preghiera si nascondeva…: ho visto il vero Dio Infinito senza alba… e quell’uomo comporre la Prima nebbia. Non avrei certo goduto il mio sogno incompiuto nella materia caduto. Ogni muschio di quella primavera, ogni foglia e frutto, giammai avrebbe sfamato… il mio spirito arguto.
Sono un Trovatore, ed ora che gli anni son trascorsi ed altri arriveranno mi appoggio al mio bastone, un tempo passato e futuro fui anche scienziato astronomo botanico e geologo. Nella ragione e nel raziocinio ho costruito il mio inchino alla stessa alba di quel mattino. Poi a nuova vita, tornato dal mio strano peccato di spiare ogni elemento del creato, in poesia mutai la mia Dèa. Lei era atea, a nulla credeva, eccetto che, ad un numero senza uno spirito, ad una equazione senza un’anima, per scoprire poi ad un principio di mattina, fra una cifra ed una parentesi, che anche se l’equazione può spiegare l’elemento, in realtà vi è un caso costante che rende ogni numero imperfetto. 
Uno scherzo, uno strano segno di un sogno ancora non letto.  Un sovrano strano che rende la mia scienza suo diletto, per burlarsi del mio… Dio.
Così, quando nel tramonto della mia ora volsi gli occhi ad una diversa parola, ad un diverso principio, rinacqui all’alba di un nuovo mattino. La poesia in questa vita divoro come fossi un animale in cerca di cibo, con solo l’istinto principio del suo stomaco che chiede nutrimento… per saziare lo spirito. Poi, ho compreso, su un letto di fiume, quando la stagione mutò il suo corso, che ogni strofa dovevo ricomporre dalla nebbia di quella prima mattina di una fame antica che mi divora. Non è solo una crosta di terra che sazia la mia memoria, oppure una conchiglia con cui compongo e ascolto l’intera storia.
Ma un frammento, una parola, una poesia, una visione antica, fuggita…. all’alba di una mattina. In una vallata forse l’ho trovata, un tempo, quando Dio mi ha sussurrato parte del frammento… da lui creato.
Ebbi la certezza di capire ogni cosa.
Ebbi la presunzione di intuire e vedere ogni elemento, prima e dopo, quel poco avvistato.
Scavai la memoria di quel torrente, vidi ghiaccio e fuoco e pensai di essere padrone di ogni elemento, ed il sogno ricomponevo nel segreto di un… laboratorio. Pensai conoscere e possedere il mistero della vita, di ciò che vedo, non accorgendomi che in realtà ero più cieco di prima. Ogni esperimento confermavano la potenza del mio Dio.
Forse perché pensavo di vedere o intuire la sua forma, il suo pensiero, riflesso nello specchio della mia breve ora.
Forse perché pensavo di scorgere il mistero non ancora svelato dell’intero Creato.
 Addirittura ebbi la presunzione, nell’ora che volge al tramonto, di udire la parola, la musica antica, come un boato dal nulla della mia ora. Dopo di quello scorgevo la grammatica della vita: milioni di ère a cui diedi un nome, fondai la mia disciplina.
Nulla vi era eccetto quello che vedevo.
Nulla vi era oltre il breve frammento della vita.
In quella vita passata, fui ateo, senza spirito, eccetto la conoscenza del mio arbitrio, scienza saggia, fors’anche priva di poesia, poi, quando ancora non era tramontata (la stagione ora… non ricordo…), la luce pensai vedere, cercando di spiare più da vicino l’occhio di un Dio.
Ho scomposto il suo mistero, il suo occhio, e vi lessi ogni segreto: onda e particella del creato, poi un caso… cambiò il mio destino. Il sole si oscurò, il giorno si spense , come un pozzo senza fondo, un buco nero senza contorno.
Così compresi che ciò che non si vede… è artefice e mente.
Così capii che nell’occhio di quel Dio si nasconde un ‘delirio’ antico, non appartiene alla divina luce del Creato.
Anche se questa è illusione di vita, il principio della realtà divina regna nella nebbia di una Prima Mattina, dopo una scura notte, dove a stento ci sembra di scorgere il Giorno della Vita… Certo è, che questa fu ed è Eresia, perché, benché ateo, tutta la mia scienza dimorava su un libro, quasi fosse una Bibbia, e se pur il mio Dio creò il mondo in millenni di sudore, era in un certo modo parente, non dico stretto, di uno stesso Dio Straniero al suo verbo alla luce di uno stesso mattino.
Io ateo scienziato di una trascorsa vita e quel prete o Papa che sia, adoriamo la vita così come fu concepita in funzione dell’uomo suo signore e padrone. Possiamo nutrire divergenze, ma il resto di quanto pregato dell’intero Creato, da me.. e quel prete, è materia ed elemento su cui debbo porre la mia legge.
Ogni cosa creata fu a noi donata non solo per studiare occhio e pensiero del mio Dio… non detto, ma per scrutare cammino e sentiero da qui fino su… in quell’azzurro cielo solo appena accennato…

…Per questo la notte osservo e scruto l’Universo….

(G. Lazzari, Lo Straniero)












              


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