giuliano

domenica 7 febbraio 2016

LETTERE (di fine ed inizio secolo) (6)


































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Lettere di fine secolo (5/1)

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I portentosi macchinari (by Yorick figlio di Yorick) (7)














Meridan, Conn., 14 gennaio 1911

Cara sorella,
con sommo piacere ho letto la tua lettera. Ti ringrazio delle tue buone parole e di tenermi vivo alla memoria dei nostri fratellini.
…Come avrete inteso dalle mie prime lettere quando arrivai in America una crisi tremenda desolava queste contrade. Ebbi la fortuna di lavorare subito negli hotels e per dieci mesi non conobbi fortuna. Con Caldera lavorai due mesi, e dopo otto mesi in un restaurant francese dove appresi un pochino la lingua. Però, a causa del mio temperamento (come sai mal sopporto le ingiustizie e qui ve ne sono molte come dalle parti nostre…), non potei stare. Sia perché la mia salute declinava, sia per il mio carattere che con le imparzialità ed abusi non intende…
Lavorai la terra, disboscai delle foreste, lavorai a fare i mattoni, negli scavi e molini delle pietre.  Lavorai in un negozio di frutta, canditi e gelati, e ultimamente a fare gli impianti telefonici. Nella prima stagione avanzai un po’ di denaro; ma nell’inverno lo consumai nuovamente. Quest’anno lavorai meglio dell’anno scorso e guadagnai di più.
Attualmente non lavoro a causa del freddo, poiché qui nell’inverno i lavori, al gelo libero, si sospendono quasi tutti. Ho ferma speranza di trovare un buon lavoro, poiché un mio amico, un vecchio piemontese, fa il possibile per procurarmelo. In campagna acquistai salute e forza. Dico campagna, ma il paese dove lavoro conta trentamila anime. Ha la biblioteca pubblica, la scuola superiore e scuole serali, numerosi parchi e laghetti lo circondano. Non c’è nazionalità di gente che io non abbia praticato. Ho patito molto a trovarmi in mezzo a gente straniera, indifferente e talvolta ostile.
Ho dovuto soffrire delle ingiurie e calunnie indistintamente da ognuno degli abitanti del ‘civile borgo’ e con queste scherni da gente che se avessi saputo una decima parte di inglese di quanto so l’italiano, l’avrei messa col muso nella polvere.




Qui la giustizia pubblica è basata sulla forza e sulla brutalità, e guai allo Straniero e in particolare se Eretico e voglia far valere la ragione contro la falsità del finto progresso. Per lui ci sono il bastone delle guardie preposte di volta in volta comandate a garantire la pubblica apparenza del democratico ordine, in verità non regna alcuna democrazia e con essa tal principio; le prigioni e i codici penali, qui quanto in italico suolo, sono ad arbitrario uso di politici corrotti.
Non credere che l’America o l’Italia che sia, regni civiltà, ché nonostante non manchino grandi qualità nella popolazione americana e ancor più nella totalità cosmopolita, se gli levi gli scudi e l’eleganza del vestire trovi il ‘nulla’ dei semibarbari, dei fanatici e dei delinquenti, dei manipolatori accompagnati da fedeli servi aguzzini.
Qua è bravo solo chi fa quattrini, non importa se ruba o avvelena, se confonde e raggira. Tanti hanno fatto e fanno fortuna col vendere la dignità umana, facendo le spie sui lavori (anche umili poesie o rime, anche umili pensieri… raccolti) e gli aguzzini ai propri connazionali. Tanti riducono la moralità ad un livello più basso di quello che la natura ha donato alle bestie!
Benché qua ogni culto sia libero, si trionfa col gesuitismo. E le sante dottrine d’Europa (ma qui interpretate non in funzione dello Spirito, bensì della più miserevole materia…), cosciente e sapiente, sono ben lungi da illuminare questi posti e popolazioni. In questa Babilonia così ragguardevolmente edificata e protetta, io mi sono sempre conservato l’antico originale e la viltà non mi ha mai fatto gola. E nessuna guardia ancora è riuscita a toccarmi (eccetto che con l’intimidazione e la tortura psicologica… in questo sono progrediti!) colle sue mani delittuose.
Non frequento che persone oneste e intelligenti.
Sono due anni che frequento la scuola inglese e comincio a disimpegnarmi; rare sono le cose che non intendo, difficile mi è il rispondere. Non ho fiducia che in me stesso, nella mia volontà, onestà e fermezza, e nella salute se il fato continua a mantenerla.
Spero di vincere.
(Paul Gauguin Vincent e Theo van Gogh; B. Vanzetti, Non piangete la mia morte) 















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