giuliano

giovedì 19 ottobre 2017

LA SCULTURA FUNERARIA (Seconda Parte) (22)



















Precedenti capitoli:

La scultura funeraria (21/19)

Prosegue in:

Le opere di Dio infinite al loro (misero) tempo (23)













Il desiderio muta in poesia,
la dèa in nuova eresia,
così ci siamo amati
ogni sera ed ogni mattina.
Quando l’ho abbracciata
lungo la via,
mutarono la donna in strega,
ed io oscuro profeta di immonda
diavoleria.
Ci amammo senza pudore
nelle mille forme del suo ventre,
fu solo l’amore di una natura
che veste i colori,
di tante troppe visioni.
Scolpiscono la forma di questa
nuda terra, 
in un bosco quale altare
del nostro pensiero divenuto
parola.
Il popolo così come tramanda
la storia,
ingordo…,
mutò in stregoneria nuova. (31)

Ci amiamo come un antico
ricordo, 
mal riposto nella coscienza
d’un bigotto.
Un puritano spia la mia opera
prendere forma e divenire memoria.
Veglia il mulino dove pian piano
la spiga diviene sospiro della terra,
ora mi guarda e mi asciuga
la fronte,
perché il suo Dio sente macinar  
parola…
sgorgare dalla sua fronte. (32)

Inquisirono anche la donna
perché piano accarezza l’argilla,
della nuda terra con cui veste
la strofa.
Forma perfetta di un’anfora di pietra,
contiene la rima segreta della nostra
dura fatica.
Fila il telaio dell’anima mia
e diviene stoffa pulita,
per donare uguale colore sullo stesso
letto,
in cui abbracciamo l’amore
….mai detto. (33)

Della terra ne fece brocca
e giara
di forma perfetta,
l’accarezzai all’alba
sul far di una mattina.
Dell’opera mia ne fece vita,
quando pregò la mia poesia.
Quando cantai la rima
alla luce di un giorno,  
non ancora nato alla vita.
Il velo dischiuse il respiro
dell’amore,
perché divenne terrore…,
per il loro falso pudore. (34)

Ora scavo e incido di nuovo
l’opera mia,
i resti di un’antica sapienza
ho raccolto,
in questo strano racconto.
La scultura diviene ornamento
di un sapere mai letto,
scolpito nel libro della memoria
dell’intricata storia qui narrata. 
Una lingua diversa, oscura e lontana,
quanto il frammento
racchiuso in uno strano Universo,
mai visto né letto.
Eccetto con l’occhio e l’udito
della mente…,
nominato sapere. (35)

Scrigno segreto d’un cielo
colmo di stelle,
e dello spirito uguale al suo
Primo Dio…,
al di fuori di quelle.
Mi dona motivo di una natura
che parla e racconta,
storie di forme che danzano invisibili
alla memoria della loro innominata
gloria.
Non viste da quell’occhio che scruta
lassù in alto sulla cupola,
Genesi di un’altra natura.
Pur vedendo ugual figura
non scorge la forma,
perché guarda fuori
e non dentro…,
la sua vera natura. (36) 

Per ogni strato di terra 
scavata,
avvicino il passato al presente,
una cellula di vita muta
struttura.
Combina gli elementi,
intrappola la rima,
eterna poesia per questa
segreta via.
E un mito diviene oscura
dottrina,
qualcosa appena intuito,
posto fra il sogno e un ricordo
mai morto. (37)

Un numero intero racconta l’intero
Universo,
ma non conosce il primo momento,
quando il pensiero si fece perfetto.
Privo di materia,
incastrato nell’opera senza tempo,
un uomo chino scruta
il volto di Dio. 
Scolpisce la forma, crea la vita,
grembo di una dèa pregata
una mattina. (38)

Il sogno perfetto muta in terrore,
quando il loro profeta scoprì
la turpe eresia.
L’arcano mistero dell’opera
assoluta,
scolpita dall’uomo e dal suo strano
ricordo,
affiora dalla terra come una Dèa.
È solo un Dio inciso nel pensiero
di un gene mai morto.
Scorre nel sangue di un cielo
pieno di stelle,
e di un oscuro evento primo
al sole…,
e dell’intero Universo appena
scoperto.
Una scintilla di vita all’ombra
dell’intero creato,
…nel fare di una luminosa mattina
al sole della vita.
Mai vista dalla loro santa dottrina. (39)

L’uomo chino al suo mestiere
è privo dell’istinto ma colmo
d’amore,
perché più sublime d’una croce….
la sua passione.
Non fu turpe il sogno scavato
e raccolto,
vista di una dèa  panorama
di vita,
pregato nell’alba di una mattina.
Non vi è peccato nel corpo
della donna,
scultura perfetta in quell’ora,
è solo il miracolo della vita,
è solo un Dio che canta
il suo sogno,
prima della luce del giorno. (40)

Muta il desiderio in preghiera
per ogni cellula della mia memoria.
Per un altro Dio …solo creatore,
quella mattina era troppo oscura,
per scrutare il miracolo di un
eretico,
mai arrivato... alla sua ora.
Sulla soglia del campo
quale sola penitenza,
preghiera e litania,
perché purifica ogni vana tentazione
…..diversa da una croce. (41)

Conta il tempo del solo
comandamento,
affinché la visione di vita
non si tramuti in turpe tentazione.
Non è precetto manicheo
il desiderio del prete,
solo istinto a lui negato
che fa di tutta la natura
….un immondo peccato!
Sudore che scorre piano
sulla schiena:
un uomo scrive una diversa
preghiera,
nel canto del gallo incide
il ricordo,
e in ogni sasso dell’antico orto.
È muto racconto di un diverso
creato,
sepolto nel ricordo di un gene
mai morto. (42)

Tornato al raccolto di un giorno
risorto,
ho scavato ancora la mia poesia.
Ho inciso con le mani nude
un ricordo antico,
diventa ossessione della mattina,
quando la luce s’appresta a lottare
sull’uscio,
di una nera canzone divenuta
nuova visione.
Conto i passi verso il recinto
del mio pianeta,
è vita che sgorga universo
che spiega.
Assenza di gravità chiede
passione,
per raccontare da una crosta dura
come la terra,
quanta fatica è la mia eresia.
Quanta gravità in questa zolla
di terra,
conta le frustate sulla mia schiena,
conta le ore del mio sudore,
mi ruba il pane con tanto
troppo amore. (43)

Mi obbliga alla preghiera
d’una madonna bianco vestita
dentro una chiesa.
All’ombra di un prete che beve
il sangue del Salvatore,
nella fatica del mio sudore.
Calvario del tempo
nel tempio nominato Creato,
taciuto alla mia dottrina,
e senza la clessidra a contarne
le ore.
Perché non vi è tempo…,
nella mia creazione. (44)

Neppure un inquisitore
a contarne le ore.
Un diverso raccolto
all’ombra del sole
che ora sembra morto.
Nella nera profezia
di un falso predicatore,
e la sua oscura visione. 
Come sola certezza che vi è un
diverso Dio,
muto sulla porta e mai ci aspetta,
ma ci dona  il seme…
della ricerca. (45)

La mia stella brilla ogni giorno,
la preghiera ne descrive appena
il contorno.
Le mani scavano incidono dettano
la forma,
un’altra strofa senza la sua ora.
Figlia di un oscuro primo passato,
volle la luce ancora nel grembo
d’un pensiero chiamato tempo.
Scorre e vola lontano,
sogno di un Dio perfetto
taciuto alla loro storia.
Mi dona arte racchiusa
in ogni strofa
senza il frammento
nominato tempo,
e senza pane né gloria,
per indicarmi la sua storia segreta.
Una materia per sempre morta,
alla sua ora infinita. (46)

Da quella prigione tutt’altro
che perfetta,
non posso pregare né profezia
né rima. 
Neppure scolpire la dura pietra,
forma che scava nella memoria.
Concesso e non ammesso,
che il sogno appartenga al profilo
del Dio pregato sul santo altare,
potrei dar forma alla commissione
divina,
purché il profilo e il volto,
così come il resto del corpo,
riproduca forma e …materia,
…del loro Dio ….risorto. (47)

Il quale ci dona denari fama fortuna
e gloria,
per cantare la santa preghiera
d’una Chiesa o la sacra
Moschea.
La rima non cambia nella uguale
costruzione.
Custodi  di un peccato mai nato
per questa mia terra.
Interpretare così il suo Verbo
è il solo dovere che conterà
i denari di siffatta materia!
Muratore che non conosce 
paura,
solo divina architettura!
Una natura senza principio
scolpito nella parola di un profeta,
…e il suo strano Dio. (48)

Tornato alla mia arte
scorgo la pietra divenire
tomba,
racchiude il corpo intatto
d’un antico sovrano.
Apro le porte del suo regno,
con il sudore che bagna
la fronte.
Busso al sogno raccolto
di ère sepolte nel sonno
profondo. 
Mi dona un nuovo frammento
senza custode né testimone
della sua memoria…
…..per sempre sepolta. (49)

La mano accarezza
come chi deve,
con gesto e dovere. 
Chi era suddito in quel ricordo,
e custodiva il pensiero 
di un Dio
ora di nuovo risorto.
Un regno dimenticato
prima della storia
dai posteri narrata,
e mai compresa entro
la tomba del tempo. (50)

La mano accarezza il profilo
di angoli perfetti,
mura ben solide a difesa di un
diverso Dio.
Non conosce l’amaro inganno:
una paura come principio
di vita,
un peccato originale
chiuso nella Genesi
divenuta creazione.
Come un’oscura profezia,
una superstizione che sprona
la coscienza
di un intera esistenza. (51)

Pietra antica di angoli perfetti,
ha difeso la fama e la gloria 
di una diversa coscienza
mai letta,
nel grande biblioteca….
custode della memoria. (52)

Guardo la grande città racchiusa
nella forma…
un’antica tomba ora ammirata.
Guardo i contorni osservo le porte,
leggo il papiro svelare l’antico
mistero.
Formula scritta ed imparata a memoria…
un popolo mai sazio della sua storia.
Ora diviene scultura contemplata
in questa bella giornata così pregata.
Senza neppure un gallo
che annuncia il tempo,
là dove le porte aprono
un altro abisso senza le ore…
del Secondo Dio Creatore. (53)

Altro giorno assente
al tempo.
È il Primo Dio che 
accompagna quest’ora
muta.
Perché da secoli attende
la mia venuta. (54)

Le mani ora,
dopo il lungo lavoro,
accarezzano le frasi dette di notte
ad una dèa che ho preso per moglie.
Lingua sconosciuta di un’altra vita,
mi insegna solo il miracolo
di un diverso creato.
Saggezza antica che imparo
ogni sera fino alla mattina.
Un giorno senza tempo
per la mia arte
perché mi trascina…
….nell’oscura eresia. (55) 

La dèa sussurra strane
parole,
luci non scorte di lontani
firmamenti,
miliardi di stelle in infiniti
universi.
Frammenti di una lingua
né udita né vista,
in questo cielo dalle tante
parole.
Ora appaiono in alto,
nell’Universo che prega
l’opera mia.
Il tempo impiegato
per il lungo viaggio,
attraverso l’oscuro oceano,
del grande cielo stellato
divenuto materia,
poi solo parola….
dell’anima mia. (56)

Le voci ascoltate sono mari 
di altri mondi,
all’improvviso ispirano
la comprensione che diviene
ossessione,
….poi strano sorriso.
Poi il pianto d’un pazzo
perché ha scorto il profilo,
e compreso la parola udita la sera..
….sussurrata da una dèa,
antica come una stella. (57)

La parola si svela,
le luci delle stelle accendono
il cielo
in una nuova costellazione.
Le parole comprendo mentre
accarezzo questa visione,
una pietra antica narra
il suo nome.
La luce rivedo dopo secoli di lava,
in millenni di lenta stratificazione. 
Solida nella forma di una dèa
e la sua strana preghiera. (58)

Milioni di anni impiega una stella
per spegnere il fuoco della sua
vera natura.
Una stella divenuta terra
di una nuova poesia,
non avendo misura della sua
prima venuta.
Ad illuminare la vista di elementi
nuovi…,
alla mia umile anima divenuta
comprensione….
della vera natura. (59)

Solo per intendere la parola,
di una voce ascoltata per ore,
senza il desiderio né l’istinto
di un amplesso…,
che chiamano amore.
Solo atto di un corpo per sempre
morto,
mentre l’anima, eterna dottrina
di vita,
insieme alla sua e alla mia preghiera…. 
…..volò via. (60)

Chino alla mia opera
la luce illumina contorni
distinti,
una natura che muta osserva,
concedendo solo la bellezza
di profili antichi.
Destini nascosti alla vista
di un verde che pian piano
diventa collina,
poi dolce salita fino ad una cresta
che nominano vetta.
Dove la neve perenne di un vecchio
ghiacciaio,
nasconde un ricordo mai morto.
Templi lontani custodi segreti
di lingue passate,
luce di stelle non ancora
approdate.
Vedo con gli occhi della mente
il magnifico splendore.
Il giardino incantato di pace e
saggezza non ancora raccolta,
vedo con gli occhi dell’arte
mia,
purezza di antica disciplina. (61)

Il vecchio sarcofago emana
una luce lieve come fosse
neve,
splende come una stella appena
risorta,
alla prima ora della sua nuova
venuta.
Mi dona forza e separo la terra
dalla nuda pietra,
raccolgo la materia intorno al
tempio,
raccolgo la sabbia intorno
alle mura,
decifro il frammento nel tempo
del nostro Universo.
Lo dono poi alla gloria di un
secondo,
prima della memoria.
Quando non esisteva ancora
un pensiero,
vittima di un mito incompreso,
dettato nell’ora di un cerchio
imperfetto. (62)

Dopo il secondo nacque il primo
minuto,
qualcuno disse che è luce del suo
vero trono:
Dio creatore dell’Universo
e della materia,
perché domina l’intero pensiero.
Confondono il Primo al Secondo
(Dio),
con una blasfema eresia.
Costringono il tempo ad uno
strano versetto,
non avendo mai scorto,
il Volto Segreto sepolto in un pozzo
profondo,
come una grande buco nero…,
…..padrone del tempo. (63)  

In questa incomprensibile visione
per questa nostra dimensione,
nascose il profilo e la voce, 
lasciando alla luce il compito
imperfetto:
celare il sogno segreto e mai
detto. 
Mi dona l’intuizione prima
della voce,
caso irrisolto del suo pensiero
nascosto. 
Fa ritorno sempre al punto preciso,
nel circolo ristretto di un giorno
perfetto. (64)

Quel tempo che splende
sotto i miei occhi, 
sono tanti sogni raccolti.
Incarnati nella mente
in un minuto senza tempo,
nel cuore e nell’anima di una
maschera antica.
Specchio di vita un’altra luce
nella via.
Anime di un diverso creato,
dove il tempo non è mai entrato,
e forse mai passato. (65)

Solo inutile contorno,
un ingombro della materia
e della storia,
saggezza di altri mondi,
lingue perfette
e mai scoperte!
Mai udite né viste
nel cielo scrutato ogni notte.
Solo la parola di una dèa,
mia sola compagna in questa
preghiera.
Mia sola luce che splende
in tante rime che penetrano
la mente.
Parole che leggo davanti alla porta
di questa antica dimora,
scudo della storia di una diversa
...memoria. (66) 

Vagano le anime  
per un grande deserto,
specchio di un Universo
imperfetto,
riflesso di una mano intrisa
di materia…,
e nemica della mia preghiera. 
Un Pensiero figlio
di un Abisso,
è sogno incarnato
di questo creato.
Chi, invece,
senza tempo e materia,
e senza peccato aver mai
pensato,
vaga come un’ombra,
….poi come stella,
per insegnar parola e saggezza
di una diverso principio
per questa terra. (67)

Anime divenute materia,
intrappolate in un’èra
della memoria nominata storia,
e incastrate in uno strato
di roccia,
stratigrafia del tempo che avanza. 
Anime lontano dalla vista
di una stella che brilla,
lontano dalle parole,
ora,
solo oscure memorie.
Lontano dalla pietra
quale solo sepolcro,
una civiltà senza volto.
Lontano dall’amore
divenuto potere,
su ogni terra
del vostro avere. (68)

Nominata ricchezza,
poi qualcosa che assomiglia
al principio della guerra,
in cui lei si specchia
per farsi ancor più bella!
Perché la sua natura rinasce
ogni volta che la materia
muore
nell’eterno dolore,
di una terra senza amore. (69)

Lontano dall’istinto,
perché vuole l’uomo predatore
farsi padrone di ogni regno,
dall’uno all’altro mare
di questo sogno indegno.
Poi navigare oltre l’oceano
di nuovo terrore,
cui solo lui conosce
il vero nome.
Per  battezzare la ricchezza
con il suo cognome,
e a noi un sepolcro senza neppure
un nome,
per dar memoria al dolore! (70)

Anime che ora vedo tutte assieme,
negli angoli composti di questa
strana storia raccolta,
in una pietra nascosta.
Riposta con precisa simmetria
da chi conosce le misure che
nominano vita.
Pietra scolpita,
come la città antica
che accoglie la saggezza:
un numero perfetto
e con lui,
un antico componimento.
Per raccontare una diversa
percezione,
chiamata utopia d’amore. (71)

Diverso principio,
dona alla pergamena
incisa sulla pietra,
il mistero svelato:
un pensiero mai nato
nel perimetro della parola.
Prima di lei,
la coscienza riflessa
chiamata creazione.
Impronta di un idea
caduta nella materia.    
Pensiero di un Dio
che accarezza il deserto,
come soffice mantello 
della sua visione.
E un profeta che insegna
preghiera,
non scorgendo il pensiero
della vera intuizione,
nel deserto di un Dio
divenuto terrore.
Confonde la sua poesia
con strano e doppio principio:
orrenda bestemmia!
eresia  morta e sepolta! (72)

Il profeta custode della dottrina,
narra di un Dio superiore
ed uno inferiore,
nell’identico progetto
che porta il suo nome. 
Restituito in geometria
Perfetta,
spirale di vita,
dona illusione
ma non la comprensione. (73)

(G. Lazzari, Frammenti in Rima, Il Primo Dio)













            

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